Le idee per una nuova rivista
Il mio ricordo ritorna ai tempi passati, nei quali a riempire le piovose giornate invernali avevo, accanto a me, una fedele compagna: la rivista di Nuova Elettronica, leader incontrastata tra i periodici di elettronica, nata nel 1969 da un appassionato radioamatore, Giuseppe Montuschi, classe 1927.
Per un vero appasionato di elettronica è difficile dimenticare gli odori del proprio lavoro; quell’acre esalazione di fumo di stagno, di pezzi bruciati, delle vernici dei circuiti stampati. Con speciali alchimie, nel propri maleodoranti scantinati, i bravi radioamatori cercano di dare una voce carina alla loro termoionica creatura: il ricetrasmettitore a valvole. Sarà questa la sensazione che ho provato entrando nel Centro Ricerche Elettroniche snc di Bologna, sede della rivista di Nuova Elettronica.
Stavo scambiando due chiacchiere con Righini, attuale diretto della rivista, quando arrivò in sordina il Montuschi in persona. Elegante figura, che dall’alto dei suoi 80 anni, inizia a raccontarmi il successo delle sue adorate creature. Più tardi mi porterà anche a vedere il cuore di Nuova Elettronica: il “laboratorio”. Sembrava il mio, ma molto più in grande: disordine, componenti sparsi, riviste, tester, odore acro di stagno, viti e bulloni, resistenze bruciate appoggiate qua e là.
Tra una chiacchiera e l’altra, Montuschi, mi anticipa che alla giovane età di 16 anni scrisse, per passione, la sua prima rivista: Selezione Tecnica. La voce si è sparsa nell’etere e grazie al “passaparola” tra appassionati Radioamatori, la rivista incontra un immediato consenso. Forte di quest’esperienza, iniziò a sviluppare altre riviste: Quattrocoseillustrate; Sistema pratico; Hobby; La Radio per tutti; Scienza illustrata e Neutronica. Mi confessa che non tutte le riviste incontreranno il successo sperato, ma alcune di loro si. Il vero gioiello nascerà nel 1969 sotto il nome di rivista di Nuova Elettronica.
Inizio la mia intervista:
«Sig. Montuschi, mi risulta che lei si è sempre lamentato di avere solo un titolo professionale, ma nonostante questo ha creato una delle riviste più famose d’Italia, che in pochi anni è riuscita a scalzare tutte le più diffuse testate di allora: CQ, Onda Quadra, Elettronica Flash, l’Antenna, riviste che oggi non esistono più. Qual è stato il suo segreto?»
«Passione, ragazzo, passione. Rispetto, ragazzo, rispetto». Una piccola pausa di silenzio, un improvviso sospiro e Montuschi riprende il discorso: «Un giorno incontrai a Roma un vecchio editore Americano. Parlammo del più e del meno e delle riviste che stavo, ai quei tempi, pubblicando. In quell’occasione mi disse: “Voi Italiani siete un popolo creativo. Avete inventato la radio, il telefono, la pila, ma non sapete inventare una rivista.”. Poi tira fuori dalla sua valigetta un paio di riviste americane: Popular Electronics, Electronics World e Wireless. Mi fa notare alcune riviste Italiane e mi mostra brutali copiature. “Possibile che vi limitiate semplicemente a copiare, oltretutto male?”», e dopo una pausa e un respiro profondo conclude dicendo: «Aveva ragione. Mi fece sentire un italiano incapace. La cosa mi diede talmente fastidio da farmi giurare che avrei creato una nuova rivista: una Nuova Elettronica».
«Ce lo vuole raccontare?» gli chiesi.
«Se guardiamo le cose in cifre, posso dirle, che oggi la rivista ha più di 170.000 lettori, quando la media delle riviste del nostro settore viene già considerato un ottimo risultato distribuire 20.000 copie. Statisticamente una rivista nasce e muore in media ogni 6/7 anni con poco più di 815.000 copie. Sono ben 33 anni che Nuova Elettronica cresce ogni anno. La rivista conta oggi, solo in Italia, una rete di oltre 250 rivenditori e possiede a catalogo più di 1000 Kit diversi. È pubblicata in 8 lingue da oltre vent’anni. Un giorno, spulciando dall’elenco dei nostri abbonati, scoprii che tra i vari lettori risultavano alcune persone dell’Università di Ingegneria Elettronica di Mosca, dirigenti di grosse Aziende Italiane, aziende dal Giappone, Hong Kong e Taiwan e persino dagli Stati Uniti d’America. Ora sono gli Americani a copiare da noi. La vede la mia soddisfazione?». Sì la vedevo. La sua contentezza era scolpita.
«Cifre a parte sig. Montuschi, cosa ci sta dietro a questo successo?».
«Il rispetto, ragazzo, soprattutto il rispetto: rispetto per tutti i lettori che spendono soldi onestamente sudati per qualche cosa che si augurano valga la pena acquistare» risponde.
Così scopro che il sig. Montuschi non è solo un portento d’idee, ma una persona squisitamente etica, che del rispetto per gli altri ne ha fatto uno stile di vita giornalistico. Scoprirò più tardi che, alla base del successo di questa bella rivista, non c’è una sola idea ma un vero e proprio mix innovativo fatto di qualità, progetti funzionanti e semplicità espositiva. All’interno di questo mix una cosa mi ha particolarmente colpito: la mancanza di pubblicità. Proprio così. Sono trent’anni che la rivista campa senza alcun apporto pubblicitario, ma di presenza di soli contenuti tecnici.
Immaginate di ritornare indietro nel tempo, nel lontano 1969. Anche a quel tempo, qualsiasi rivista poteva campare solamente vendendo pagine pubblicitarie. La concorrenza era già piuttosto agguerrita e il basso numero di lettori non garantiva introiti sufficienti per pagare le spese fisse di stampa, distribuzione e chi lavorava per la rivista. Il Sig. Montuschi dice di aver sempre detestato di dover acquistare dei “depliant”, come definiva lui le riviste che contenevano tanta pubblicità. Così si chiese: «Sarà mai possibile, che non si possa pubblicare una rivista seria, senza pubblicità? Di quali altre fonti potrei servirmi per sostenere la rivista?»
La prima cosa che il Sig. Montuschi fece fu quella di scomporre il problema. Era troppo complesso per trovare una sola risposta. Individuò le aree che riteneva di maggior importanza e dalla ricerca incessante di una giusta risposta un bel giorno, al Montuschi vennero in mente due interessanti invenzioni:
multimedialità, ovvero interattività tra lettore e rivista: cura del progetto (evitando di copiare dalle altre riviste) e assistenza al lettore. L’originalità dell’idea del sig. Montuschi sta nel creare progetti propri, collaudati e inediti, ma che possano garantire al lettore assistenza anche in caso di guasto o malfunzionamento. La maggior parte delle riviste si limitavano, copiando, a riportare qualsiasi cosa gli fosse proposta, senza preoccuparsi di verificare se funzionava o gracchiava. In questo modo, il lettore, conquistato dalle lusinghe dell’articolo, veniva disilluso, quando, dopo aver realizzato con pazienza l’apparecchio, scopriva che non funzionava a dovere… e a nessuno poteva rivolgersi per risolvere il dilemma. La conseguenza più ovvia era un lettore scontento da una redazione svuotata che non sapeva rispondere alle richieste;
Il KIT di Nuova Elettronica: in assoluto la prima rivista al mondo a fornire ai propri lettori i propri progetti in scatola di montaggio.
Era il 1969, l’anno di uno strepitoso successo. Il lettore si appassionò alla rivista grazie alla cura e alla semplicità con cui Nuova Elettronica progettava i propri articoli. Qualora si scoprisse un errore, la rivista aiutava i lettori inserendo nella rubrica “Errata corrige” le spiegazioni di come porre rimedio al difetto. Sempre loro, i lettori, avevano la possibilità d’inviare i propri progetti. Nuova elettronica li pubblicava, verificando prima che tali progetti fossero funzionanti, suggerendo anche accorgimenti. Potremmo definirla una delle prime riviste “multimediali” proprio per il suo continuo feedback tra lettore e rivista. Grazie al Kit, gli appassionati d’ogni età e grado di preparazione, avevano a disposizione un progetto già pronto per la realizzazione, evitando cattive esperienze e quelle lunghe perdite di tempo che s’incontravano nella ricerca dei componenti elettronici. Sull’onda di quell’idea, sono usciti sul mercato prodotti come il Sismografo (un Kit venduto in tutto il mondo) che fece successo per il suo perfetto funzionamento e il ridottissimo costo.
Nuova Elettronica fu anche la prima rivista a parlare di computer in Italia. Uscì, infatti, il primo computer in Kit con microprocessore Z80, con un prototipo di sistema operativo progettato all’interno del Centro Ricerche Elettroniche: una sorta d’anticipatore del sistema MSDOS di Microsoft. Era il 1985. Seguirono il contatore Geiger, il ricevitore meteorologico (adottato dalla stessa Rai nel 1987) e il ricevitore satellitare HRPT. Dai Kit nacquero poi una serie di richieste d’apparecchi già montati e finiti e oggi, grazie agli apparecchi per la salute e l’estetica, l’apprezzamento continua.
Un successo raramente si basa su una singola idea.
La mania di semplicità, quasi ossessiva, di Montuschi, lo portò a scrivere articoli completi e a studiare ogni sorta d’idea volta a facilitare la realizzazione delle sue creature elettroniche. Sensibile alle osservazioni dei suoi lettori, studiando gli errori che quest’ultimi commettevano (per esempio invertire le polarità dei componenti, oppure sbagliare un collegamento filare), lo portarono ad escogitare due delle idee più rivoluzionare del mondo nel campo dell’hobbistica elettronica: il circuito stampato e la serigrafia componenti.
La prima innovazione fu l’introduzione del circuito stampato. Fino ad allora tutte le apparecchiature elettroniche venivano realizzate dagli hobbisti collegando i vari dispositivi tra loro con spezzoni di filo volante. Montuschi si accorse che quando l’apparecchio era complesso era facile commettere errori di cablaggio. Pertanto introdusse sul mercato una piastra di rame e bachelite sulla quale i collegamenti erano già impostati e realizzati dalla stessa Nuova Elettronica. Nonostante questo grandissimo aiuto, la redazione notò che i lettori provetti commettevano errori nel posizionare il componente: il verso, la posizione, il tipo o la polarità. Così Montuschi adottò la tecnica della serigrafia: una sorta di disegno verniciato direttamente sul circuito stampato. Nessuno a quei tempi, aveva mai pensato a stampare, sopra il circuito stampato, la posizione, l’ingombro, la polarità, il verso del componente da saldare. Oggi questo metodo è adottato in tutto il mondo. La serigrafia sul C.S. diventò ben presto un preziosissimo strumento per coloro che le apparecchiature le dovevano riparare.
Due cose mi hanno stupito di questo grande uomo. Quando a Montuschi ho chiesto se eseguiva progetti su richiesta, come sarebbe stato logico aspettarsi, la risposta fu invece categorica e negativa. Nuova Elettronica progetta solo ed esclusivamente per sé stessa e i propri lettori. E quando gli chiesi se aveva mai pensato di avviare una nuova azienda per vendere alcuni dei suoi più proficui prodotti (come sarebbe naturale da parte di un imprenditore), mi rispose categoricamente che non aveva alcuna intenzione di farlo. Questo mi ha fatto pensare, in mezzo al mare caotico delle pubblicazioni mensili, che Montuschi ha una vision aziendale del tutto originale: focalizzare tutte le proprie risorse economiche e creative verso una sola direzione.
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